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La marcatura U.K.C.A. regole per l’uso
/0 Commenti/in Articoli /da MassimoRivaltaLA VALIDITÀ DEL “CE” IN UK VALIDA FINO ALLA FINE DEL 2022
L’importanza della Manutenzione negli impianti di aria compressa
/0 Commenti/in Articoli /da MassimoRivaltaCassazione Penale, Sez. 4, 09 dicembre 2019, n. 49761 – Schiacciamento mortale con un tubo di 600 chili. Non si può pretendere dal RSPP un intervento in fase esecutiva che è estraneo alle proprie competenze consultive/intellettive
/0 Commenti/in News /da MassimoRivaltaIn materia di infortuni sul lavoro, risponde a titolo di colpa professionale, unitamente al datore di lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ogni qual volta l’infortunio sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l’obbligo di conoscere e segnalare al datore di lavoro (Sez. 4, n. 40718 del 26/04/2017, Raimondo, Rv. 27076501). In altri termini, il RSPP risponde dell’evento, in concorso con il datore di lavoro, solo se si fornisce adeguata dimostrazione che lo stesso abbia svolto in maniera negligente la sua attività di consulente del datore di lavoro, a seguito di errore tecnico nella valutazione dei rischi, per suggerimenti sbagliati o mancata segnalazione di situazioni di rischio colposamente non considerate.
Nel caso, invece, la motivazione della sentenza impugnata sembra confondere il piano intellettivo/valutativo (proprio del RSPP) da quello decisionale/operativo (proprio di altri garanti, principalmente il datore di lavoro). Si parla di evento determinato da scelte esecutive sbagliate, ma tali scelte non spettano al RSPP, il quale non è presente tutti i giorni in azienda e non è tenuto a controllare le fasi esecutive delle lavorazioni.
In definitiva, con riferimento alla posizione del RSPP, la motivazione della sentenza impugnata è viziata, poiché la sua responsabilità viene individuata, essenzialmente, in un omesso intervento in fase esecutiva che è estraneo alle competenze consultive/intellettive del RSPP, e senza che sia stato adeguatamente argomentato in ordine alla conoscibilità, da parte sua, della situazione oggettivamente pericolosa e del suo dovere di segnalazione del rischio al datore di lavoro, in una fase antecedente alla lavorazione stessa.
Decreto Legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”
/0 Commenti/in Articoli, News /da MassimoRivaltaA livello nazionale, le discariche sono disciplinate dal D.Lgs. n. 36/2003, in recepimento della Direttiva 1999/31/CE che, per esplicita dichiarazione, costituisce anche un riferimento per l’applicazione delle Migliori Tecniche Disponibili di settore ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006, Parte II (IPPC). In particolare, all’art. 4 il D.Lgs. n. 36/2003 classifica le discariche nelle seguenti categorie:
a) discariche per rifiuti inerti;
b) discariche per rifiuti non pericolosi;
c) discariche per rifiuti pericolosi.
Occorre specificare che non vi è un’immediata corrispondenza tra tipologia di rifiuti e tipologia di discarica in quanto vigono criteri di ammissibilità̀ che possono escludere un rifiuto dall’ammissibilità̀ nella discarica omologa, mentre consentono l’ammissione di rifiuti classificati pericolosi in una discarica per rifiuti non pericolosi, oltre ad ammettere sempre il conferimento di rifiuti che soddisfano i criteri per l’ammissione ad ogni categoria di discarica in discariche aventi un livello di tutela superiore.
Deposito sotterraneo
Il D.Lgs. n. 36/2003 disciplina inoltre il “deposito sotterraneo” definito come un impianto per il deposito permanente di rifiuti (inerti, pericolosi o non pericolosi) situato in una cavità geologica profonda, senza coinvolgimento di falde o acquiferi, quale ad esempio una miniera di potassio o di sale.
L’allegato 1 dello stesso decreto contiene i criteri costruttivi e gestionali per le diverse tipologie di discarica, incluso il deposito sotterraneo, mentre l’allegato 2 stabilisce le modalità̀ di gestione, le procedure comuni di sorveglianza e controllo durante la fase operativa e post-operativa di una discarica e gli adempimenti a carico del gestore relativi alle procedure di chiusura di una discarica durante la fase post-operativa e per il ripristino ambientale del sito medesimo, al fine di prevenire qualsiasi effetto negativo sull’ambiente ed individuare le adeguate misure correttive.
Le differenze tra le diverse tipologie di discariche in termini strutturali riguardano i requisiti minimi della barriera geologica (permeabilità̀ e/o spessori), della copertura finale e la necessità o meno di sistemi di drenaggio e raccolta del percolato e/o di sistemi di captazione del biogas (richiesti solo per rifiuti biodegradabili).
L’art. 6 del D.Lgs. n. 36/2003 stabilisce a priori i rifiuti non ammissibili in discarica e in depositi sotterranei (14 tipologie):
a) rifiuti allo stato liquido;
b) rifiuti classificati come Esplosivi (H1), Comburenti (H2) e Infiammabili (H3-A e H3-B);
c) rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R35 in concentrazione
totale ≥1%;
d) rifiuti che contengono una o più sostanze corrosive classificate come R34 in concentrazione
totale ≥5%;
e) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (H9);
f) rifiuti – sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di
sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull’uomo e/o sull’ambiente non sono noti (es. rifiuti di
laboratorio);
g) rifiuti della produzione di principi attivi per biocidi e per prodotti fitosanitari;
h) materiale specifico a rischio e materiali ad alto rischio, comprese le proteine animali e i grassi
fusi da essi derivati;
i) rifiuti che contengono o sono contaminati da PCB in quantità >50 ppm;
l) rifiuti che contengono o sono contaminati da diossine e furani in quantità > 10 ppb;
m) rifiuti che contengono fluidi refrigeranti costituiti o sono contaminati da CFC e HCFC in
quantità >0,5% (peso riferito al materiale di supporto);
n) rifiuti che contengono sostanze chimiche non identificate o nuove provenienti da attività di
ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull’uomo e sull’ambiente non siano noti;
o) pneumatici interi fuori uso a partire dal 16/07/2003, esclusi i pneumatici usati come materiale di ingegneria ed i pneumatici fuori uso triturati a partire da tre anni da tale data, esclusi in
entrambi i casi quelli per biciclette e quelli con De >1400 mm;
p) rifiuti con PCI (Potere calorifico inferiore) >13 MJ/kg a partire dal 1/01/2014 (data più volte prorogata) ad eccezione dei rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita e dei rottami ferrosi per i quali sono autorizzate discariche monodedicate.
L’art.7 dello stesso decreto stabilisce che i rifiuti possono essere collocati in discarica solo dopo trattamento, ad eccezione dei rifiuti inerti in cui il trattamento non sia tecnicamente fattibile e dei rifiuti il cui trattamento non contribuisce a prevenire o a ridurre le ripercussioni negative sull’ambiente e sulla salute umana, riducendo la quantità̀ o la pericolosità̀ dei rifiuti e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti fissati dalla normativa.
Termine temporale per le discariche già autorizzate
L’art.17 del D.Lgs. n.36/2003 stabilisce però un termine per le discariche già autorizzate al 27/03/2003 per continuare a ricevere i rifiuti per cui erano autorizzate in origine, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità̀ previsti dalla norma tecnica previgente (DCI 27/07/1984). Tale termine, originariamente previsto nel 16/07/2005 nel rispetto della normativa comunitaria, è stato più̀ volte prorogato, con l’eccezione delle discariche di tipo IIA o per inerti che ricevevano rifiuti contenenti amianto, per cui i nuovi criteri vigono invece dal dicembre 2005. Le ripetute proroghe sono state concesse a causa delle diverse problematiche applicative evidenziatesi fin dalla sua emanazione. L’ultima proroga è stata concessa con d.l. n.208/2008, come convertito dalla legge n.13/2009, fino al 30/06/2009, ulteriormente prorogabile su richiesta motivata, con provvedimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, previa valutazione
tecnica e limitatamente alle discariche per rifiuti inerti o non pericolosi, fino al termine massimo del 31/12/20091.
Criteri di ammissibilità
Per quanto attiene ai criteri di ammissibilità̀ il primo decreto che li stabiliva è il DM 13/03/2003, praticamente contemporaneo al D.Lgs. n.36/2003, che è stato definito prima dell’emanazione della decisione 2003/33/CE di riferimento ed ha stabilito i criteri e le procedure per l’ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi della Direttiva 1999/31/CE. Quindi, ai fini di un migliore allineamento con tale decisione e della necessità di colmare alcune lacune, in data 13/09/2005 il DM in questione è stato abrogato e sostituito dal DM 3/08/2005. Tale decreto è stato operativo, in virtù̀ delle sopracitate deroghe, soltanto per un breve periodo, finché, al fine di sanare le problematiche applicative irrisolte, è stato emanato il DM 27/09/2010, tuttora vigente. Quest’ultimo, come del resto i suoi predecessori, oltre ai criteri di ammissibilità̀, stabilisce anche le relative procedure, riportate in Tabella 1.
Tavola Rotonda Animac
/0 Commenti/in News, Uncategorized /da MassimoRivaltaIl 22 maggio un interessante dibattito su argomenti di attualità.
